Negli anni ’70 Michelangelo Antonioni non cercava una casa.
Cercava uno spazio che somigliasse a un pensiero.
Qualcosa che non rassicurasse, ma che sospendesse.
Un’architettura che non contenesse la vita, ma la sua incompiutezza.
La trovò su un promontorio sardo affacciato sull’assenza.
Lì, con l’architetto Dante Bini, diede forma a un’idea che non voleva essere forma:
una cupola di cemento armato, leggera e resistente, costruita in un gesto: la Binishell.
Una struttura gonfiata d’aria e poi fissata, come se l’architettura potesse nascere da un respiro.
Non era una casa.
Era una condizione.
Curva, isolata, anti-funzionale.
Niente stanze, niente angoli. Solo un’eco.

Destinata ad accogliere lui e Monica Vitti, fu abitata forse una volta, forse mai.
La Cupola non custodiva una vita domestica.
Custodiva il tempo prima della parola.
Oggi è abbandonata.
Inghiottita a metà dal paesaggio, lasciata lì come un pensiero interrotto.
Eppure è ancora piena.
Di vuoto, di vento, di quel tipo di tempo che non scorre, ma si espande.
Non è rovina.
È pausa.
Un frammento di futuro rimasto incastrato nel passato.
Un altare dedicato a chi non vuole più capire tutto.
A chi cerca luoghi che non spiegano nulla.
La Cupola di Bini e Antonioni è architettura per chi ha disimparato a desiderare l’utile.
È un invito a sottrarsi alla necessità.
A fermarsi prima del senso.
Spazi non pensati per il consumo, ma per il transito.
Luoghi che non si riempiono, si ascoltano
come le conchiglie, appoggiando un orecchio e trovando l’eco del mare
e lo spirito del cinema italiano.
La Cupola è ancora lì, con la sua essenza.
Come un organismo addormentato.
Come una promessa che non chiede mantenimento.
In un’epoca che misura il valore in termini di funzione e durata,
lei resiste con la sua inutilità fertile.
Non serve a niente.
Ed è per questo che ci chiama.
Per ricordarci che esistono ancora
luoghi per chi non ha fretta.
Forme per chi non ha da dimostrare nulla.
Architetture per chi è disposto a lasciarsi attraversare,
non a possedere.
La Cupola non protegge.
Non consola.
Non chiude.
Ci sono poche, essenziali cose da sapere su La Cupola. Una di queste è la sua iconica proprietà e firma.
Fu nel 1968 che, scoperto il desiderio di un rifugio nella splendida Costa Paradiso, Michelangelo Antonioni e Monica Vitti, su proposta e volontà della stessa Vitti, decisero di commissionare al visionario Dante Bini, incontrato durante le vacanze invernali a Cortina, una delle sue strutture abitative innovative: le celebri Binishell.
La Cupola è infatti una delle millecinquecento Binishell esistenti, realizzate dall’omonimo architetto Dante Bini, che firma qui una delle prime strutture in cui l’ambizione dialoga, fin da subito, con la sostenibilità.
Nel 2020, l’associazione De Rebus Sardois, progetto curatoriale ideato da Sara Nieddu con l’obiettivo di proporre una visione alternativa della Sardegna e delle sue espressioni artistiche, ha avviato una petizione su Change.org e lanciato un appello pubblico rivolto alla Soprintendenza, alla Regione Sardegna e al FAI. L’iniziativa mira a promuovere la valorizzazione e la salvaguardia della Cupola, evidenziandone l’importanza storica, architettonica e culturale, sia per il contesto territoriale in cui si inserisce, sia per il suo valore a livello internazionale.
*HEADER: Modello di lavoro della Cupola. Foto dall'archivio di Dante Bini, courtesy De Rebus Sardois